Quasi tutti i racconti che ho scritto appartengono al genere fantastico per mancanza di un termine migliore e si contrappongono a quel falso realismo che consiste nel credere che tutte le cose si possano descrivere e spiegare… nell’ambito di un sistema di leggi, di principi, di rapporti di causa effetto, di psicologie definite, di geografie ben cartografate.
(Alcuni aspetti del racconto)
Pubblicato per la prima volta nel 1951, “Bestiario” raccoglie otto racconti di Julio Cortázar, tutti legati al tema del fantastico. Ernesto Franco, curatore dell’edizione che ho letto, parla di “fantastico senza fantasmi”, perché non ci sono mostri o elementi soprannaturali, eppure ogni storia è pervasa da un’atmosfera di mistero.
Nei racconti, il fantastico assume una duplice veste: a volte è generato dalla presenza di un elemento nominato ma che non appare, come la tigre del racconto Bestiario o gli sconosciuti di Casa occupata. In realtà la tigre, gli occupanti non irrompono mai sulla scena. Più che di presenza, si potrebbe parlare della loro esistenza nella realtà narrativa: ci sono, non si vedono, ma conferiscono tensione al racconto, e i protagonisti modellano le loro azioni su queste esistenze, anche se non le incontrano mai.
Altre volte, il fantastico si manifesta come orrore che nasce da un’angoscia dei protagonisti, dalla loro inquietudine: è il caso di Omnibus e Le porte del cielo. Anche in questi casi pare che i personaggi non corrano alcun rischio reale, e fino all’ultimo rimane il dubbio che le loro siano solo invenzioni, proiezioni su altre persone delle loro preoccupazioni. In questo senso, al mistero si aggiunge la dimensione dell’assurdo: è questa esasperazione per una realtà che sfugge a ogni prevedibilità che, per esempio, determina il finale di Lettera a una signorina a Parigi.
A caratterizzare la struttura del Bestiario è anche lo stile, un’alternanza di sintesi e piccoli momenti di poesia.
Clara scese tacchettando distintamente, assaporando il sole di novembre rotto da isole d’ombra lanciate al suo passare dagli alberi del giardino botanico.
Con poche, precise parole, Cortázar dipinge per il lettore un quadro a colori vividi, un dipinto 4d: sembra quasi di essere accanto a Clara, di percepire con gli occhi la differenza tra ombra e luce, di sentire il suono dei suoi passi sull’asfalto.
Bronchi delicati, Mar del Plata carissimo, difficile cavarsela con una bambina viziata, tonta, condotta discreta grazie alla bontà della signorina Tania, sonno inquieto e giocattoli in tutti gli angoli, domande, bottoni, ginocchia sporche.
In molti casi la sintassi è molto più vicina a quella del pensiero che al linguaggio parlato, per cui nella lettura capita di dover tornare indietro, rallentare, dare un tono per comprendere i periodi.
Odiò all’improvviso la sua famiglia con un’inefficace esplosione di indipendenza.
La scelta di asciugare lo stile va a tutto a beneficio del racconto: spogliandolo di ogni elemento sintattico non necessario se ne accresce l’intensità. Questo è ancora più vero in Lontana, storia di uno sdoppiamento, in cui il racconto si snoda per giustapposizione del fluire dei pensieri della protagonista, che parla di sé (io) e dell’altra (lei) senza soluzione di continuità. Il prodotto è straordinario, forse più eccezionale dell’episodio in sé – parte del merito va dato alla traduzione, a cura di Flaviarosa Nicoletti Rossini, che ha saputo rendere questo effetto.
Il fantastico di Cortázar è estremamente reale: non è l’atmosfera da “casa di fantasmi”, anche dove l’Autore inventa creature straordinarie, queste irrompono in un contesto quotidiano, in vite normali. Questo, unito a un racconto narrato spesso in soggettiva, aiuta l’immedesimazione del lettore. Sentimento largamente dominante è il senso di oppressione, di una realtà pesante e inevitabile che si accartoccia sul protagonista, fino a schiacciarlo in un destino tragico. Il lettore sente tutta l’ansia dei passeggeri dell’Omnibus, vive la claustrofobia degli allevatori di mancuspie (Cefalea), la tenerezza e la disperazione dello scrittore della Lettera.
Parte del fascino dei racconti è nella loro apparente incompiutezza: Cortázar crea una realtà completa, dei caratteri ben definiti, che vanno molto al di là dello spazio delle novelle. Cosa succede ai personaggi, quando finisce la loro storia? Che ne è della ragazza a Budapest, di Mario (Le porte del cielo), dei fratelli scacciati dalla loro casa? Torneranno a una vita normale? Delia, l’inquietante protagonista di Circe, continuerà a praticare i suoi sortilegi? Ed è poi vero che è una strega, o sono piuttosto i suoi genitori e i suoi pretendenti ad aver alimentato un mito da cui lei non riuscirà a liberarsi?
- Autore: Julio Cortázar
- Genere: Racconti fantastici
- Filone letterario: Letteratura sudamericana
- Traduzione: Flaviarosa Nicoletti Rossini (racconti) e Vittoria Martinetto (appendice)
- Casa editrice: Einaudi (ET Scrittori)
- Anno di pubblicazione in Italia: 1974
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