È al suo diciannovesimo romanzo, eppure non ha mai avuto il problema della pagina bianca: «Io scrivo solo se ho qualcosa da dire!».
Del resto la fortuna dei suoi libri parla da sé: dal primo Treno di panna al long seller Due di due, Andrea De Carlo è uno dei più noti romanzieri italiani contemporanei. L’ho incontrato a Milano, in occasione della presentazione del suo L’imperfetta meraviglia.
È la storia di Milena Migliari, virtuosa del gelato, e Nick Cruickshank, leader di un gruppo rock. Lei italiana, lui inglese, si incontrano in un luogo fuori dal tempo, sulle colline francesi del dipartimento del Var, quando sono entrambi a un punto di svolta nelle loro vite.
Il libro è basato sull’alternanza dei loro punti di vista, ultimo di una serie di opere de carliane costruite con questo schema. Come spiega l’autore, Milena e Nick, apparentemente diversissimi, hanno in comune un aspetto fondamentale: sono due artisti. Milena non è una gelataia da bustina, lei cerca la quintessenza dei sapori, proprio come Nick vuole la perfezione negli accordi. Per dirla con le parole dell’autore: «Ho sempre pensato che essere artisti non significhi essere un pittore o uno scultore; essere un artista significa dedicarsi alla propria attività per cercare sempre di perfezionarla!».
Com’è nato l’ultimo romanzo di De Carlo
Questo ragionamento vale più che mai per la scrittura. La gestazione de L’imperfetta meraviglia per De Carlo «ha fili lunghissimi che vanno indietro nel tempo». Nick, ad esempio, è una versione più giovane dei Rolling Stones, un (ex) ribelle, ma anche un chitarrista: «Si può dire che abbia iniziato a pensarci quando, a 13 anni, chiesi ai miei di comprarmi una chitarra!».
Quanto a Milena, mettersi nei panni di una donna non è cosa da improvvisare: il suo personaggio è il risultato di conversazioni, studi, riflessioni. L’intero processo di scrittura, poi, è sempre complesso: «Tante volte rileggo i miei testi, cancello, correggo, tolgo quattro aggettivi per metterne uno che sia però preciso…»
All’inizio non dev’essere stato semplice: per i suoi primi romanzi, De Carlo usava la Lettera 22: «E non è stato facile separarmene, per passare al computer!». Solo più tardi si è reso conto che il pc asseconda molto meglio il processo creativo, che non è mai lineare e continuo, ma gira intorno a un’idea, torna indietro, cambia una situazione.
A proposito di questo, in origine L’imperfetta meraviglia era ambientato in Italia. La scelta della Francia, e di quella regione in particolare, è venuta in seguito: «Conosco molto bene quella zona, con le sue colline, i paesini… riuscivo a immaginare la dislocazione dei personaggi nello spazio, a visualizzare la scena. E poi, avevo voglia di cambiare aria!»
Dunque una vera e propria scenografia, in parte ricostruita, in parte immaginata, un microcosmo con un’atmosfera un po’ sospesa, la sfondo ideale per un incontro casuale, per alimentare un dubbio.
Il messaggio del libro
Milena e Nick sono alle prese con una svolta fondamentale, una scelta in cui non credono pienamente, e dopo il loro incontro li assale appunto il dubbio che stiano sprecando la loro vita a «realizzare i sogni degli altri». E qui si innesta un tema che per l’autore è non solo ricorrente, ma “un’ossessione”: la realizzazione di sé.
«Ci sono infinite cause per cui uno non riesce a essere ciò che vuole: circostanze, persone, avvenimenti. Quello che il lettore si deve portare dietro da questo libro è una serie di domande, sui rapporti, sulle sue potenzialità e la possibilità di essere meno vittima delle circostanze. Io volevo essere uno scrittore diverso; volevo vivere lontano dalla città, a contatto con la dimensione fisica della vita: e l’ho fatto».
LEGGI LA RECENSIONE DI QUESTO LIBRO
DELLO STESSO AUTORE: DUE DI DUE